Monsignor Celestino Cavedoni/Note

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Note


(1) Il Cavedoni nacque d’umile famiglia a Levizzano, e suo padre fu un piccolo possidente e negoziante di pelli, con bottega a Vignola dove soleva recarsi, segnatamente nei giorni di mercato per esercitarvi il suo traffico. Dopo i primi studi fatti in patria, passò a Modena nel Ginnasio di S. Giovanni Battista, del quale era Direttore il giovane Professore Don Antonio Gallinari. La Rettorica era insegnata da Don Gaspare Manfredini ad magisterium mire compositus come dice l'iscrizione sepolcrale posta sopra la sua tomba nella Chiesa Parrocchiale dì S. Anna Pelago ove nacque e dove cessò di vivere in freschissima età l’anno 1818. Fu desso il primo maestro che educò il Cavedoni al culto delle lettere, questi a lui porse i primi saggi del suo ingegno, e il Manfredini ne rimaneva pago sì fattamente, che lo colmava d’elogi in faccia ai condiscepoli, e lo additava come modello di diligenza e d’ogni costume più gentile. Dopo gli studi fatti in Modena, passò poi a Bologna dove rimase cinque anni a profittare degl’insegnamenti del Mezzofanti, dello Schiassi e del Bianconi. Durante la sua dimora in quella città, l’amico e compagno più intimo del Cavedoni fu Michele Ferrucci ora Professore nell’Università di Pisa.

(2) Il Cavedoni ne’ molti suoi scritti coglie con piacere l’occasione dì favellare del Mezzofanti, e si vede che l’animo suo è scosso da un moto interno di tenerezza e di viva gratitudine. Ha scritto alcune memorie intorno alla vita dell’uomo celebre, inserite nel Tomo IX degli Opuscoli Religiosi letterarj e morali stampati in Modena, dove dice: « In sul cadere dell’anno 1820 allorché io, per testimonianze e raccomandazioni sue e del Ch. Can. Filippo Schiassi, fui designato dalla clemenza dell’ottimo mio Principe Direttore del R. Museo Estense delle Medaglie, egli soffriva a mio riguardo persino i rigori estremi della fredda stagione, per addestrarmi alla cognizione pratica delle antiche monete Greche e Romane nelle stanze del Pontificio Museo di Bologna pel decorso del Dicembre che fu rigidissimo. « E più avanti soggiunge. » Ne’ cinque anni che mi fu dato godere del suo in- [p. 34 modifica]sì pubblico come privato, nol vidi mai turbarsi pel tardo intendimento mio o di altri suoi scolari; sì che in lai non si verificava altrimenti quella sentenza di M. Tullio (Pro Roscio com. II.) quo quisque est ingeniosior, eo docet iracundius et laboriosius.

(3) Dichiarazione degli antichi marmi Modenesi con le notizie di Modena al tempo dei Romani. Modena, Vincenzi, 1828. Vi è una dedica allo Schiassi.

(4) Spicilegio Numismatico, ossia Osservazioni sopra le monete antiche di Città, Popoli e Re. Modena, Soliani, 1838.

(5) Alcuni dotti nostri concittadini resero un degnissimo omaggio alla memoria del Cavedoni, coll’opera intitolata: Notizie intorno alla vita ed alle opere di Monsignor Celestino Cavedoni con appendice di sue lettere ed altre cose inedite. Modena, Tipi dell’Imm. Concezione edit. MDCCCLXVI. In quest’opera egregia oltre all’Elogio recitato nei solenni funerali dal Prof. Don Masinelli e ad un elenco degli scritti del Cavedoni, fatto dall’Avv. Pietro Bortolotti con accuratezza mirabile, si trovano lettere di parecchi dotti, fra le quali quella del Coen a pag. 274, dalla quale è stato preso il giudizio citato in questo ragionamento.

(6) Il Cavedoni ha scritto i « Cenni autentici intorno alla vita e agli studj del Conte Bartolomeo Borghesi » (Tomo IX degli Opuscoli Religiosi, letterarj e morali.) Principe degli Archeologi dei giorni nostri, come egli lo chiama. Stette con lui in corrispondenza per circa 40 anni, e le sue lettere, alcune delle quali sono piuttosto dissertazioni, formano un intero volume della corrispondenza manoscritta del Cavedoni che si trova nella nostra Biblioteca. Così racconta egli in che maniera entrasse in relazione con quell’uomo insigne. « Il Borghesi mostravasi dolente di non aver potuto vedere la dissertazione, assai rara in Italia, del dotto inglese Giovanni Swinton de quinario gentis Metiliae (Oxonii 1750: v. Borgh. Decad. VI. oss. 4). Avendola io alle mani gliene trasmisi un sunto; e gli proposi alcuni quesiti numismatici per averne schiarimento. Qualche tempo dopo mi onorò della prima cortese sua risposta in data dei 16 Febbrajo 1823. »

(7) Saggio di osservazioni sulle medaglie di famiglie Romane ritrovate in tre antichi ripostigli dell’acro Modenese negli anni [p. 35 modifica]1812, 1815, 1828 Modena, Soliani, 1829. È dedicato al Prof. Girolamo Bianconi.

(8) Ragguaglio Storico Archeologico dei precipui ripostigli antichi di Medaglie Consolari e di Famiglie Romane d’argento. Modena, Soliani, 1854. È dedicato al Borghesi.

(9) Annotazioni al Corpus Inscriptionum Graecarum, che si pubblica dalla R. Accademia di Berlino. Nei Tomi III. IV. V. VI. della Serie Terza delle Memorie di Religione di morale e di letteratura stampate in Modena.

(10) Si vegga l’opera suddetta sotto il titolo Addenda et corrigenda.

(11) Natale Des Vergers membro dell’Istituto di Francia dopo essersi procacciato bella fama nella filologia orientale e negli studi dell’antichità, compreso d’ammirazione pel Borghesi volle divenirne discepolo, stabilì la sua dimora in San Marino presso la casa dell’illustre suo amico e maestro, e per i di lui eccitamenti compose il libro intitolato “Essais sur Marc Aurèle d’après les monuments épigraphiques. Paris, Didot. 1860.„

(12) Di alcune monete antiche degli ultimi re di Tracia. Memorie di Religione etc. Serie Terza, Vol. IV.

(13) Observations sur les anciennes Monnaies de la Lycie par M. Cavedoni. Paris Imprimerie royale 1845. Fu tradotto in francese da Raoul Rochette, e si trova nel T. H. Serie I. delle « Mémoires présentés par divers Savants a l’Accadèmie des Inscriptions, » che fu publicato solamente nel 1852.

(14) Ricerche critiche intorno alle medaglie di Costantino Magno e de’ suoi figliuoli insignite di tipi e di simboli Cristiani. Opuscoli Religiosi Letterarj e Morali Tomo III.

(15) Osservazioni sopra le monete antiche della Cirenaica. Continuazione delle Memorie di Religione etc. Tomo XVI.

(16) Osservazioni sopra alcune antiche monete Bizantine. Opuscoli Religiosi etc. T. II. e III.

(17) Numero delle battaglie campali di Giulio Cesare espresso in tre monete di Lui. Nel « Bulletino dell’Istituto di Corrispondenza Archeologica, 1840 » e nel Conservatore di Bologna Ser. 1 Vol. 1 Dichiarazione di tre Monete di Giulio Cesare ecc. Il Cavedoni in una sua lettera al Cav. Giulio Minervini traduttore della [p. 36 modifica]Histoire de Iules César, diceva: « Vorrei che scartasse (L’Imperatore Napoleone) anche la di lui (del Mommsen) spiegazione delle note numeriche ⊥II e accettasse la mia, riferendole alle 52 battaglie campali vinte da Cesare. » Veggasi la suddetta lettera a pag. 555 delle Notizie intorno alla vita, ecc.

(18) L’opera sulle tavole del Carelli è stampata a Lipsia sotto il titolo « Francisci Carellii Numorum Italiae Veteris Tabulas CCII edidit Caelestinus Cavedonius: accesserunt Francisci Carellii Numorum quos ipse collegit descriptio; F. M. Avellini in eam adnotationes. Lipsiae MDCCCL. Sumptus fecit Gregorius Wigand. » — L’altra opera è intitolata: Numismatica Biblica o sia Dichiarazione delle monete antiche memorate nelle sante Scritture, di D. Celestino Cavedoni. — Modena, Soliani, 1850.

Le Tavole del Carelli rappresentano la più insigne collezione che nel suo genere si conosca, ed è superata soltanto dalla Collezione Santangelo, che è più ragguardevole tanto pel numero come per la rarità delle monete. Di quest’ultima favellando il Raoul-Rochette, nel Journal des Savants, Giugno 1852, dice « finora è rimasta inedita, oltre di che è di difficile accesso né è stato permesso a verun archeologo, e nemmeno a me scrittore, prendere appunti e memorie sulle medesime; quantunque da più di 20 anni abbia l’onore di essere legato in amicizia coi nobili possessori di questa inestimabile collezione.

Nel Rapporto dell’Accademia che decretava il premio al Cavedoni si diceva:

« Le texte des planches de Carelli et surtout la Numismatique Biblique, ne peuvent qu’accroître la reconaissance que tous les Numatistes ont vouée au savant de Modène. En couronnant ces deux ouvrages, l’Académie regrettera de n’avoir à sa disposition qu’une récompense disproportionnée à tant de services et à des talents aussi distingués ». Revue Numismatique 1851.

(19) Journal des Savants, Ann. 1852 e 1854.

(20) Ernest Renan. Histoire des Langues Sémitiques. Livre III. Chap. IV.

(21) Veggasi quanto ne dice il Werlhof nella sua lettera stampata nelle Notizie intorno alla Vita etc.

(22) Ernesto Desjardins. Moniteur Universel de l’Empire Français, 34 Mars 1860. [p. 37 modifica](23) L’archeologo francese Enrico Coen, nella lettera che abbiamo citato più sopra, dice del Cavedoni: « On est forcé de s’incliner devant ce jugement si sûr, devant cette profonde érudition,... Je n’ai jamais été si heureux pour voir le célèbre antiquaire que nous regrettons,... mais j’ai eu l’honneur de correspondre avec lui non seulement lorsque je lui faisais parvenir les volumes de mes deux ouvrages sur la numismatique romaine, mais toutes le fois que je trouvais quelque difficulté dont je désirais avoir la solution. Ses réponses, d’une briéveté extrème, pour ne pas dire un peu sèches, renfermaient autant d’éclaircissements que de mots; et ce qui me mettait dans l’admiration, c’est que souvent il répondait à trois ou quatre de mes questions le plus disparates par retour de courier, preuve que la science de l’antiquité toute entière etait renfermée dans sa tête. »

Quanta poi fosse la stima in cui tutti i dotti tenevano le sue risposte, apparisce ampiamente dalla sua vasta corrispondenza, che ora trovasi in possesso della nostra Biblioteca, ed è distribuita in parecchi volumi.

() Cenni sul vantaggio che dal riscontro dei Monumenti Egiziani si ritrae per lo studio della Sacra Scrittura. Continuazione delle Memorie di Religione ecc. Tom. 1.

(25) Ultimi decisivi risultamenti delle ricerche scientifiche ed Archeologiche intorno alli Zodiaci scolpiti ne’ monumenti dell’Egitto. Continuazione delle Memorie etc. Tom. XVIII.

(26) I libri Santi illustrati e difesi co’ riscontri delle medaglie antiche. Opuscoli Religiosi etc Tom. I. e II.

(27) Osservazioni sopra gli Antichi Monumenti Fenicii recentemente illustrati da Guglielmo Gesenius. Continuazione delle Memorie etc. Tom. VII.

(28) Esposizione di un argomento inosservato a conferma della somma antichità della versione Siriaca Pescito delle Sante Scritture. Opuscoli Religiosi etc. Tom. I.

(29) Notizia di codici Orientali e Greci della R. Biblioteca Estense che già furono di Alberto Pio. Memorie di Religione etc. Serie terza. Tom. XVII.

(30) Saggio Critico degli studi della letteratura Greca presso gli antichi Israeliti. Opuscoli Religiosi etc. Tom. VII. [p. 38 modifica] (31) Saggio sulla latinità biblica dell’antica Vulgata Italiana. Opuscoli Religiosi etc. Tom. VII.

(32) Saggio di Osservazioni sopra gli studi biblici di Dante Alighieri. Opuscoli Relig. etc. Tom. I.

(33) L’opera è in due volumi corredati di tavole egregiamente eseguite, e s’intitola: «Description du Musée du feu le Prince Basile Kotschoubey, d’après son catalogue manuscrit, et recherches sur l’histoire et la numismatique des colonies Grecques en Russie, ainsi que des Royaumes du Pont et du Bosphore Cimmérien par B. de Kochne. St. Petersbourg 1857.» Il Cavedoni donò poi questo libro alla Biblioteca.

(34) Il Grimm nel 1843 si recò a Napoli dove conobbe il dottissimo Carlo Troya, ed ebbe agio d’intrattenersi lungamente con lui. Desiderando egli di conoscere tutta la serie delle prove colle quali credeva di poter dimostrare la medesimezza del popolo Gotico coi Geti di Erodoto, fu soddisfatto colla maggior cortesia. Ritornato poscia in Germania fece suoi tutti i ricevuti insegnamenti e li publicò in una sua memoria intitolata Ueber Jornandes und die Geten, Berlin 1846, senza punto accennare da qual fonte li avesse attinti.

(35) Il Lepsius che nella Primavera del 1856 si recò a Pisa a fine di perfezionarsi nello studio delle Antichità Egiziane, nell'anno appresso intitolava al Rosellini un dotto suo scritto intorno all'Alfabeto Geroglifico, nel quale, fra l’altre espressioni della più viva riconoscenza e stima, gli dice: « Le accoglienze più che amichevoli, che in allora voi mi faceste, la gioja profonda e sincera ohe voi mi esprimeste di trovare pur altri che con vivo amore per la scienza prendesse parte ai vostri studi, mi lasceranno per sempre una rimembranza dolcissima nello stesso tempo che gli ammaestramenti vostri preziosi e senza riserva, del pari che il perfetto e generoso disinteresse col quale poneste a mia disposizione non solo i ricchi portafogli da voi riportati d’Egitto, ma i vostri lavori manoscritti altresì, segnatamente i vasti e preziosi materiali da voi raccolti nel vostro Dizionario Geroglifico, m’imporranno il ben dolce dovere di rammentare ad ogni passo ch’io faccia in questi studi, che ne vado io debitore più a voi, di quello che a me medesimo. » Cavedoni, Biografia dal Prof. Ippolito Rosellini, [p. 39 modifica]lini, con alcune osservazioni intorno alla consonanza de’ monumenti dell’Egitto con le Sante Scritture. Memorie di Religione ecc. Serie terza T. 1.

(36) Diamo qui l’Elenco delle onorificenze toccate a Mons. Cavedoni, prendendolo dal già citato libro di Notizie ecc. ove si trova a pag. 38 in una Nota dell’Elogio recitato dal Prof. D. Masinelli nel giorno de’ solenni funerali.

1821 R. Accademia di Scienze, Lettere ed Arti di Modena.
1835 Era Socio corrispondente della Pontificia Accademia romana d’Archeologia.
1837 Società Spagnuola di Numismatica.
1842 Socio corrispondente dell’Istituto di Francia.
1844 R. Accademia Spagnuola di Archeologia e Geografia.
1845 Socio dell’Accademia R. delle Scienze di Berlino.
    »   I. R. Accademia di Scienze, Lettere ed Arti di Padova.
1846 Membro corrispondente della Società Letteraria di Lione.
1849 Simpemenia Rubiconia dei Filopatridi di Savignano.
1854 Socio onorario dell’Ateneo di Scienze, Lettere ed Arti in Bassano.
    „   Accademia Pontaniana di Napoli,
1855 Accademia degli Ottusi di Spoleto,
1854 R. Accademia di Scienze di Gottinga.
1855 Etrusca Accademia di Cortona.
1858 Accademia dei Quiriti di Roma,
1861 Socio Corrispondente del R. Istituto Lombardo di Scienze, Lettere ed Arti.
1862 Accademia di Torino, di cui era già Socio corrispondente nel 1834.
1842 Medaglia d’oro Austriaca.
1852 Nobiltà modenese.
1856 Cavaliere del R. Ordine dell’Aquila Estense.
1857 Cameriere secreto di S. Santità.
1860 Cavaliere dell’Ordine Civile di Savoja.
    »   Presidente della Deputazione di Storia Patria.
186l Cavaliere della Legion d’onore.
1862 Ufficiale dell’Ordirle de’ SS. Maurizio e Lazzaro.

(37) La più ingenua modestia traspare dal modo con cui favella [p. 40 modifica]de’suoi sommi maestri e di tutti i suoi dotti corrispondenti. Lo si vede inteso con gelosa cura a far spiccare il merito delle erudite comunicazioni dai medesimi a lui fatte, al segno da attenuare il pregio delle osservazioni sue proprie. Chi ha conosciuto la schietta semplicità del suo cuore può affermare che non adoperava un linguaggio di pura formalità, quando diceva di essere « povero assai d’ingegno e di dottrina » (Biografia del Zannoni Continuazione delle Memorie di Religione etc. T. IV. 1835.) Facilmente onorava col titolo di Maestro chi gli forniva qualche nuova cognizione, e nella citata Biografia, dopo aver chiamato il Zannoni amico e maestro, soggiunge in una nota. « Mi piacque poi di chiamare mio maestro l’Ab. Zannoni, non per essere stato alla scuola di lui, ma perchè molte cose m’insegnò con le sue dotte lettere che mi scriveva ogni qual volta gli proponessi qualche quesito e dubbio archeologico e letterario, e più altre ne potei apprendere nel leggere e studiare le erudite sue opere. » Dalla stessa Biografia apparisce ancora quanto poco sull’animo del Cavedoni potesse l’amor della gloria. Egli racconta come il Micali si appropriò una felice scoperta dell’Archeologo Fiorentino, dopo che questi ebbe letta nella Società Colombaria l’illustrazione di un’Urna Etrusca, resa publica per le stampe cinque anni dopo. A tale proposito soggiunge: « Così cominciava l’Ab. Zannoni anche in mezzo alla soave cura de’ suoi studi, a sentirsene amareggiata la dolcezza, da quelle traversie che doveva poi viemaggiori incontrare in appresso; siccome accade ad ogni uomo di studio anche il più riposato; per la misera condizione delle cose di quaggiù, e per disposizione provvida di Dio Benedetto, che in ogni momento e circostanza richiama chi voglia ascoltare la paterna sua voce, perchè non ponga troppo d’affetto in contentezza o gloria caduca, ma sollevi la mente e il cuore a beni migliori ed eterni. »

(38) Riportiamo il seguente tratto di una lettera, che l’illustre Ernesto Desjardins scriveva al Cavedoni il giorno 18 Maggio 1861. « Tous les amis de la science et de la justice se réjouiront avec nous, Monseigneur, de la distinction si meritée que sa Majesté a voulu, de son propre mouvement, vous décerner (la nomina di Cavaliere della Legion d’Onore). Il est bon que vous sachiez que ce n’est point par l’entrémise, ni sur la présentation d’un [p. 41 modifica]ministre que cet honneur vous a été conféré, mais par la seule et personnelle initiative de l’Empereur, bon appréciateur des mérites éminents et du profond savoir. C’est le plus illustre numismate de l’Europe qu’il a tenu à honneur lui-même de distinguer... » Notizie intorno alla vita etc. pag. 272.

(39) Talora il Cavedoni, nel corso de’ suoi ragionamenti col Principe, deplorava la mancanza d’opere importanti e dispendiose, che la Biblioteca, per la tenuità degli assegni, non poteva acquistare. Partiva il Principe, e qualche tempo dopo si vedeva giungere per le poste l’opera desiderata, il che bastava senz’altro per farlo avvertito che un augusto donatore aveva voluto procacciargli quella sorpresa.

(40) Gravi dolori amareggiarono gli ultimi anni della sua vita, perchè anche a lui venne applicata la Legge 23 luglio 1862 relativa al cumulo degli impieghi, e dovè subire la perdita della Cattedra. Allorché fu promulgata quella legge, egli era Professore d’Ermeneutica Biblica e lingua Ebraica, Presidente della Facoltà Teologica e Bibliotecario. Per adempierne esattamente le prescrizioni, e conoscere con precisione come doveva diportarsi, spedì al Ministero col mezzo del Prefetto un ragguaglio de’ suoi incarichi ed emolumenti. Dopo del quale il Ministero gli dichiarò che a suo credere poteva conservare la Cattedra e la Biblioteca, ove avesse rinunciato alla Presidenza, per la quale fruiva il modico assegno di 600 lire annue; e quell’autorevole interpretazione della legge gli valse dapprima per conservare i due uffici di Professore e Bibiliotecario. Ma alla fine d’Ottobre dell’anno medesimo quando stava per riscuotere l’emolumento di Professore, sentì dirsi che il suo nome e titolo erano stati esclusi dai mandati riguardanti i Cattedratici della nostra Università. Posto nella necessità d’indagare i motivi di quell’inaspettata determinazione, fece conoscere di essere in piena regola coll’interpretazione data alla legge dallo stesso Ministero, e gli fu fatta ragione. Quindi fino dai primi giorni del 1863 di nuovo ei si trovava sul suo scanno di Professore Universitario, di nuovo a favor suo fu posto in corso l’emolumento. Ma la letizia d’aver ricuperato una Cattedra a lui caramente diletta, doveva essere passeggiera, come lampo di luce che guizza e scompare. Non erano per anche scorsi [p. 42 modifica]quattro mesi, quando una nuova interpretazione ben diversa dalla prima, pioveva a suo danno dalle alte sfere della Commissione Consultiva sui cumuli degli impieghi. Invitato a scegliere fra la Cattedra e la Biblioteca, dava a questa la preferenza per avere miglior agio di attendere ai suoi studj, e nel 18 Aprile cessava definitivamente dall’ufficio di Professore. Rinunciata la cattedra e privato per conseguenza dello stipendio, venne nominato Professore onorario. Tuttavia continuò nell’insegnamento finchè glielo consentirono le forze logore ed affralite. Dopo un servigio di 33 anni egli credeva d’aver diritto alla pensione di Professore, ma non potè ottenerla. Poscia gli venne intimato di restituire gli emolumenti indebitamente percepiti nei primi quattro mesi del 1863, e tra per la crudezza di quel frasario burocratico, tra perchè sapeva d’aver continuato nell’Ufficio di Cattedrante in perfetto accordo col Ministero, si credè di essere trattato con modi d’abjetto sfregio, d’ignobile vilipendio, e ne sentì sino al fondo dell’anima amarezza e cordoglio. Del resto fu per lui di gran ventura l’aver preferito l’ufficio di Bibliotecario a quello di Professore. I tempi cominciavano a volger foschi e procellosi per le Facoltà Teologiche, e prima di tante altre, quella di Modena doveva essere travolta dall’impeto della bufera. Se il Cavedoni avesse conservato la carica di Professore, a breve andare, doveva anch’egli esser gittato sul lastrico cogli altri Cattedratici condannati a durissima sorte. Infatti il Ministero della Pubblica Istruzione, pigliando pretesto da un decreto del Dittatore Farini in data 21 Ottobre 1859 sull’ordinamento dell’Istruzione pubblica nella nostra città, e torcendo in un senso tutto diverso da quello che aveva, una disposizione relativa alla Facoltà Teologica, con un suo dispaccio del Luglio 1863 la distrusse, e non solo tolse lo stipendio ai Professori della Facolta stessa invitandoli a far valere i diritti alla pensione, ma dichiarò che nel liquidarla si sarebbe tenuto conto delle somme da essi riscosse sulla Cassa dell’Erario, per tutto il periodo di tempo successivo alla promulgazione del Decreto Fariniano.

Qualche periodico Italiano ha affermato che il Governo del Regno in omaggio alla scienza dispensasse il Cavedoni dall’obbligo del giuramento imposto a tutti gl’impiegati, imitando così igloriosi [p. 43 modifica] esempi dati con altri scienzati dal primo e dal terzo Napoleone. Poichè giova serbar memoria d’ogni più lieve particolarità spettante alla vita degli uomini insigni, come diceva il nostro Muratori scrivendo al Zeno, torna opportuno rammentare per filo e per segno come procedettero le cose. Nessun decreto noto al pubblico stabilì a favor suo una deroga alla legge comune. Ei sopravisse di pochi mesi alla promulgazione od applicazione della legge, e non fu invitato a prestare giuramento, ma soggiacque alla penosa ansietà dell’incerto suo destino; non ebbe parole atte a rassicurarlo, e quelli che conoscevano la delicatezza di sua coscienza, ed erano ben molti, si sentivano turbati da dolorose apprensioni. La spada di Damocle gli stava sospesa sul capo, ed egli stesso lo diceva. Un forestiero recatosi un giorno a visitarlo nella Biblioteca, gli manifestò il compiacimento che ne provava, veggendolo tuttora al suo posto. Al quale soggiunse: «sì, io mi trovo ancora quì, ma da un momento all’altro ne posso essere balzato; perchè se mi venisse chiesto il giuramento crederei di non doverlo prestare. Chi avrebbe mai detto che negli ultimi giorni della mia vita potrei essere ridotto ad invocare l’assistenza de’ miei parenti?» Perciò convien dirlo, il Governo usò riguardi al Cavedoni, ma la prova indubitata se ne ebbe solo quando fu colpito dalla morte; in seguito s’intese poi a dire che il Prefetto avesse avuto l’ingiunzione di non pretendere da lui il giuramento.

La Deputazione di Storia Patria residente nella nostra città, nel giorno 15 Dicembre 1865, deliberò di fare scolpire in marmo il Busto del Cavedoni, affidandone la commissione all’illustre statuario Giuseppe Obici Professore a Roma, ed invitando i cittadini a contribuire colle loro offerte. Il lavoro venne eseguito, ed ora nella sala maggiore della nostra Biblioteca si veggono le sembianze del sommo archeologo fra quelle del Muratori e del Tiraboschi.