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10. La mobilitazione politica online     107

d’America avrebbe avuto la possibilità di stilare una lista di siti web che i cittadini americani non sarebbero stati autorizzati a visitare.

Veniva concretizzata, pertanto, l’idea di un vero e proprio “grande firewall americano” basato su una lista nera di siti, con un connesso sistema di censura immediata di determinati contenuti.

Aaron comprese all’istante – e cercò di far comprendere a più persone – come non si trattasse solamente del problema della rimozione di alcuni specifici contenuti, considerati dalla legge illegali, ma di una vera e propria procedura di chiusura discrezionale di interi siti web e del blocco della comunicazione fra gruppi di discussione.

In altre parole: il riferimento legislativo al copyright era stato usato come leva per aggirare i principi costituzionali sulla libertà di manifestazione del pensiero consacrati nel Primo Emendamento, e si partiva dall’istituto del copyright per dar vita a uno strumento di censura e per impedire in maniera generalizzata la comunicazione tra le persone in rete.

Il COICA venne presentato al Congresso il 20 settembre 2010. Il voto era previsto per il 23 settembre – appena tre giorni dopo – con un meccanismo di fissazione della tempistica dei lavori a dir poco criticabile: non apriva, in pratica, ad alcuna possibilità di discussione. Aaron, allora, pensò che l’unico modo serio di procedere potesse essere quello di coinvolgere direttamente alcune grandi aziende che operavano su Internet e che stavano creando – e, in molti casi, avevano già creato – l’economia digitale.

Voleva, in poche parole, generare tensione e ostilità tra le aziende e il mondo dei contenuti e di Hollywood, una lobbying che voleva la riforma in tal senso del diritto d’autore. Ma le reazioni dei responsabili delle aziende furono molto tiepide: non trovò, in concreto, una sponda solida in tal senso e le grandi società si disinteressarono del problema.

Allora, il giovane decise di lanciare una petizione online e creò, a tal fine, proprio il sito Demand Progress. Lo presentò come un’iniziativa nata per opporsi a una proposta di legge considerata nociva, coinvolgendo tutti gli amici e arrivando a raccogliere ben 300.000 firme in due settimane.

Ma non solo: gli attivisti iniziarono a mandare richieste specifiche ai singoli senatori, invitarono i cittadini a chiamare al telefono i politici per protestare, cercarono di bloccare la votazione, di sensibilizzare la stampa e pregarono singoli deputati di attivarsi per bloccare questo disegno di legge.

La legge venne approvata ugualmente, all’unanimità, nonostante fosse in corso una vera e propria ribellione di Internet. Poco dopo, però, l’iter di questa legge improvvisamente si bloccò. Un senatore democratico dell’Oregon, Ron Wyden, propose la sospensione del disegno di legge al termine di un accorato discorso, nel quale lo descrisse come uno strumento inadatto e devastante per combattere la violazione del diritto d’autore online, annunciando che non ne avrebbe consentito il passaggio senza modifiche.