Pagina:Alberti, Leon Battista – Opere volgari, Vol. II, 1966 – BEIC 9707880.djvu/428

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422 nota sul testo

verratti leggendo presupporti che in certi luoghi della opera lui, in quanti modi e’ può, si sforza d’essere infestissimo a que’ tali invidiosi e iniuriosi; e debbi stimare che niuna cosa tanto dispiace a chi ti porta odio quanto vederti dotto, buono e virtuoso, come e tu e chi conosce mie fratello sempre lo indicasti.

Voi adunque insieme, quali amate messere Battista, leggete questi libri con diletto; e in quel modo sarete molesti a chi n’ha offeso, e aretene utilità, però che ’l primo libro disputa in che modo si vive sanza ricevere a sé maninconia: el secondo vi dà via e modo di purgare dell’animo tuo gli sdegni e dispetti, quando tu gli avessi in qualche parte ricevuti a te: el terzo libro raconta più modi utili a levarsi dalla mente le offese e dolori più gravi, quando tu fussi al tutto oppresso da loro e quasi sunto. Adunque leggera’li, e abbiatene cura che non si smarrischino più. Vale.

La lettera non è autografa e non è datata, ma si può assegnare all’anno 1471 all’incirca per le seguenti ragioni. Carlo parla ivi di Battista come ancora vivo, e perciò la lettera è sicuramente anteriore all’aprile 1472; ma non di molto per il fatto che, secondo Carlo, erano «già passati anni circa trenta» dalla data della composizione originale dell’opera, e questa dovette accadere nel 1441-42, come si può concludere dalla discussione intorno al futuro secondo certame coronario nel libro II, p. 144 (il primo certame era già avvenuto nell’ottobre 1441).

Da questa lettera si dovrebbe poter desumere: a) che il titolo dell’opera era De profugiis erumnarum libri; b) che l’opera fu subito sottratta, appena composta, in copia originale da un domestico, e forse per conseguenza ebbe poca diffusione per un buono spazio di tempo; c) che l’autore per trenta anni non ne ebbe a sua disposizione nessuna copia; d) che questa copia ora mandata al Vettori (L2 sarebbe copia di questa copia: non ho potuto individuare l’esemplare mandato al Vettori) corrisponde all’originale da poco ritrovato; e) che la concezione dell’opera trasse motivo principale da certe ingiurie fatte all’Alberti da emuli e nemici, e il trattato è perciò in un certo senso un’opera polemica.

Il titolo citato da Carlo non figura in quella forma in nessun codice: troviamo invece in due codici (L 1 e R) il titolo: Profugiorurn ab erumna libri III. Negli altri manoscritti del sec. XV (L2 F3 A) manca qualsiasi titolo. Solo in Fa Fb si legge il titolo: Della tranquillità dell’animo (cioè a partire dal sec. XVI), sotto il quale l’opera, dall’edizione del Bonucci in poi, è comunemente nota. Rimane il dubbio che questo titolo volgare non sia voluto dall’autore, e ho preferito attenermi a quello latino (dei codd. L1 R), confortato anche dall’abitudine dell’Alberti di dare simili titoli latini ai suoi scritti volgari (cfr. De Familia, Theogenius).