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272 l’«etruria vendicata»

di Michelangelo celebranti le glorie della Casa medicea, l’A. ne prende occasione per lamentare che quel grande profanasse l’arte sua con simili obbrobriose figurazioni; ed esclama:

Oh scellerati tempi! Oh vilipese
Arti divine! oh cieca etade priva
D’ogni senno e valor! dal ciel discese
Tanto artefice dunque, affinché viva
Memoria eterna rimanesse al mondo
D’infami eroi, degni d’oblio profondo?

E di qui si fa strada a parlare della corruzione dei Papi e di Caterina de’ Medici (Canto II). Lorenzo si leva dal letto e, mentr’è per uscir dalla camera, gli si fanno incontro la madre e la sorella Bianca, l’una e l’altra eccitandolo a compiere la strage di Alessandro, che perseguita con le sue pretese la fanciulla, della quale già ha fatto arrestare il fidanzato. Lorenzo promette che libererà la patria dalla tirannide; ciò udendo,

O degno figlio, o veramente mio!
Grida la madre con feroce gioia:
Pèra, sí, pèra, per tua man quel rio:
Va’, tenta, e non temer ch’io schiava muoia,
Né che in preda al tirannico desio
La figlia io lasci, e a noi l’onor premuoia.
Noi pure un ferro, ardir noi pure avremo:
Se cadi tu, di nostra man cadremo.

Lorenzo esce e va al palazzo di Alessandro, ma una guardia non gliene lascia oltrepassare la soglia: allora, si appiatta in un luogo solitario presso l’Arno per colpire il tiranno che deve passare da quel luogo; e dal fiume sorge il fantasma del Savonarola che consiglia Lorenzo di non colpire alla cieca Alessandro, ma di coglierlo in un laccio, per mezzo di Bianca: a giustificare il suo consiglio, esso dice:

Ben é l’inganno abominevol, dove
Virtude ha loco e manifesta guerra:
Me già non strinse alle mendaci prove
Solo il cappuccio che viltà rinserra;
Piú mi v’astrinse assai ragion che muove
Da lunga esperïenza che non erra.
Sfidar vorrestí a singolar tenzone
Chi al tuo brando mannaia e scettro oppone?
Stupida in te se la ferocia fosse
Allegarti potrei biblici esempi;