Pagina:Alighieri, Giuliani - Opere latine vol I - 1878.djvu/100

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Lin. 1. De Vulgaris Eloquentiæ doctrina. Di qui possiam prendere certezza, che il proprio titolo del presente Trattato è quale noi v’abbiamo premesso, giusta la prima edizione del 1577. Ed eziandio il Witte sembra che fosse di cotal avviso, richiamandoci a quanto l’Allighieri stesso afferma nel suo Convito (i, 5) e nel capitolo xix di questo Libro: «Intentio nostra est.... doctrinam de Vulgari Eloquentia tradere.» Del resto, anche in siffatta trattazione, come in ogni altra, cui Dante pose cura, sì il fece per servire degnamente alla pubblica utilità, e non lasciar inoperoso il talento ricevuto dal celeste Padre dell’umana famiglia: «Ne de infossi talenti culpa quandoque redarguar, publicæ utilitati non modo turgescere, quin imo fructificare desidero, et intentatas ab aliis ostendere veritates:» Mon., i, 1.

6. Volentes discretionem, etc, volendo cioè rischiarare alquanto la discrezione di coloro, che a modo di ciechi s’aggirano per le piazze, giudicando sovente d’avere davanti a sè le cose, che stanno loro dietro. Cotesti, che mancano del lume della discrezione, s’avvisano facile di vedere una cosa, quando più volte traveggono o non la veggono affatto. Ben è notevole la forma, onde ciò si esprime, ma non si diversifica da altre, che occorron nella Commedia, e che spiegansi per di più a vicenda: Se io posso, disse in prima Carlo Martello al Poeta, Mostrarti un vero, a quel che tu dimandi Terrai il

Dante, Opere latine. 6