Pagina:Annalena Bilsini, di Grazia Deledda, Milano, 1927.djvu/114

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Già le prime vaghe ombre degli alberi tremolavano sulla terra ancora grave e scura di umido, ed il cielo si sollevava e si schiariva ogni giorno di più. Rinasceva la primavera, e rinasceva la speranza nel cuore di Gina Bilsini: poichè, dopo la partenza di Pietro, per tutto l’inverno ella era stata come la stagione, triste e malata.

Tutti, intorno a lei, si muovevano, lavoravano, questionavano e cantavano: tutti erano vivi e come affaccendati a spingere in avanti un ostacolo che li separava dalla completa felicità; la madre più di tutti, sempre in moto, china a ravvivare il fuoco, alta col lume in mano come una fiaccola fino a tarda sera, attenta ai grandi ed ai piccoli, alle bestie, alle cose più umili ma tutte necessarie.

Lei sola, Gina, sentiva una svogliatezza quasi angosciosa; tutto le pareva inutile, ed a giorni desiderava morire: la sua ferita non guariva, anzi si approfondiva ogni giorno di più, e parve incancrenirsi quando