Pagina:Annalena Bilsini, di Grazia Deledda, Milano, 1927.djvu/125

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forse il prete poteva compiere il miracolo di guarire completamente la giovine donna.

— Oh, ecco chi si vede.

In fondo al campo si vedevano lo zio Dionisio, ed i bambini ancora infagottati coi vestiti invernali e coi berretti di lana.

Seguiva il cane, anche lui con la sua pelliccia che pareva sporca e logora per il lungo uso.

— Ma se si son levate le scarpe! — gridò Annalena allarmata, e si mise a correre verso i bambini che, avvistato il pericolo, se la diedero a gambe, uno avanti uno indietro per il sentiero di circonvallazione dei campi. E per quanto la nonna, e la madre eccitata dall’esempio, li rincorressero, non riuscirono a prenderli.

— Vi aspetto a casa, vi aspetto, — gridò Annalena; — e voi, badalucco, — disse poi sdegnata allo zio Dionisio, — non vedevate che erano scalzi? Che fate? Discorrete con Dio?

Sì, egli se ne andava beato, guardando di qua, di là, coi suoi occhi di vecchio smalto azzurro, la barba cosparsa di goccioline che brillavano come la rugiada. Anche per lui tutto era bello, quel giorno: il fosso dove nello specchio dell’acqua verde riapparivano le ombre dei rami brillantati di foglie,