Pagina:Annalena Bilsini, di Grazia Deledda, Milano, 1927.djvu/131

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— Bene, grazie, — egli rispose, ma come assente dal ricordo delle sue donne. Guardava piuttosto Gina ed i bambini affaccendati intorno alle uova. — Questa è la tua nuora? E questi i tuoi nipotini? Belli.

La sua parola fu così forte e sincera che Gina arrossì.

— Ed io non sono bello? — disse Baldo, sollevandosi con un uovo in mano. — Voglio dire questo.

Sull’uovo, infatti, egli aveva dipinto un viso coi capelli ed i baffi verdi, e due orribili occhi violetti: Urbano fissò questi occhi come fossero vivi, e un sorriso quasi infantile gli schiarì la faccia; ma poi guardò Baldo, e le sue fattezze s’indurirono di nuovo.

— Bei ragazzi i tuoi, Annalena Bilsini! E sopratutto bravi. E brava tu che li hai fatti e che ne fai degli uomini.

— Eh, eh, si fa quel che si può, — disse Baldo, impettito, ammirando il suo uovo.

Annalena aggiunse:

— E quel che si vuole.

— Non è vero. Io, per esempio, avrei voluto dei figli maschi, almeno un paio. Invece non ho che una bambina, esile come un fiore.

Annalena tentò di adularlo.