Pagina:Annalena Bilsini, di Grazia Deledda, Milano, 1927.djvu/133

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per la mia bambina, e scrivici su il nome: Lia. E voi, puttini, venite qui, che voglio vedervi da vicino.

I bambini, che lo guardavano di sottecchi, impauriti dalla sua voce alta e dal suo aspetto maestoso, non intendevano di avvicinarsi: finchè la madre non li spinse e Baldo li incalzò come una coppia restia di torelli, fino a condurli sotto il colosso.

Egli tese sopra di loro, quasi a benedirli, le mani stranamente piccole, e domandò come si chiamavano.

— Primo.

— Secondo.

— E il Signore vi dia il terzo, il quarto, il dodicesimo.

— Speriamo, — disse Annalena.

— Speriamo di no, — gridò Gina. La sua voce però risonava insolitamente maliziosa ed allegra e parve incrinare quel senso d’imbarazzo che aveva finora velato la conversazione.

Anche i bambini rimasero volentieri presso l’uomo, scrutandone con curiosità il vestito già estivo, a quadratini bianchi e neri, largo come un sacco e fornito di una infinità di tasche tutte rigonfie; e il fazzoletto di seta bianca annodato al collo; ma sopratutto il cappellaccio a larghe falde, da col-