Pagina:Annalena Bilsini, di Grazia Deledda, Milano, 1927.djvu/139

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spinta fino allo spiazzo davanti al portone, come soverchiata anche lei da un bisogno di evasione. Tutto tende al nuovo, in primavera: anche sui rami dei vecchi platani le foglie tenere parevano una prima fioritura giovanile, e dai biancospini delle siepi, che si sfogliavano ad ogni soffio d’aria, i petali volavano e si nascondevano, come stanchi di star fermi sul cespuglio.

L’erba alta in colore del musco copriva la strada, ed in fondo a questa si vedeva un campo di grano già rasato delle prime foglie, tutto di un verde-azzurro striato di ombre argentee come una stoffa di broccato.

E quando da questo sfondo si staccò e si avanzò, sempre più grande, la figura di Urbano Giannini, Annalena non si turbò: le parve anzi di essere uscita per aspettarlo, guidata da un buon istinto, poichè, se egli passava di là per caso, nel vedere il portone chiuso non si sarebbe fermato.

Ma passava egli davvero per caso? O non piuttosto per riveder lei?

A misura che egli si avanzava, ella sentiva di nuovo quel misterioso calore che, come emanato dalla possente persona di lui, la investiva e le accendeva i sensi. Per soffocare quest’impeto, ella si sforzava a credere che solo un calcolo interessato la spin-