Pagina:Annalena Bilsini, di Grazia Deledda, Milano, 1927.djvu/155

Da Wikisource.

— 145 —

nisio, coadiuvato dal fido Giovanni, faceva una partita a carte con Osca, e, in contrasto con Baldo che leggeva un libretto religioso, Bardo scriveva una lettera d’amore, Annalena sentì il bisogno di andar fuori nei campi.

Soffocava e si sentiva il cuore aggrovigliato come una matassa della quale qualcuno ha tirato i fili.

La finestra della camera di Gina era illuminata, e l’ombra della giovine donna vi passava e ripassava.

— Ella s’è già messa a posto, — pensò Annalena, camminando sull’erba, — che debba andare io, adesso, all’inferno?

Perchè non era donna da ingannare sè stessa: sentiva che il desiderio dell’uomo vinceva la sua carne ancora viva, e l’influsso, quasi l’esempio, della natura in piena fecondazione, della terra posseduta con violenza dal sole, aumentava il fermento del suo sangue.

Ella non si abbandonava al suo istinto; non per paura del peccato, ma per sostenere il suo dominio su sè stessa e gli altri: grave però era il suo travaglio; tanto più grave quanto più nuovo; ed anche su questo ella non si illudeva.

Camminava sull’erba e diceva a sè stessa: