Pagina:Annalena Bilsini, di Grazia Deledda, Milano, 1927.djvu/162

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santo piegato sulle parole di Dio, rifulse di nuovo davanti agli occhi della madre; e il dubbio che Lia avesse dentro la busta che l’uomo le porgeva inviato qualche messaggio d’amore, le fece profondamente male. No, quei due, almeno, dovevano tenersi lontani dal peccato originale; dovevano anche ignorare l’amore, che è fonte d’ogni male. Aprì quindi la busta e si rassicurò: dentro c’era un’immagine sacra, tenera e grottesca: un bambino Gesù in una carrozzella moderna spinta da un angelo che pareva una vanessa. Con la busta in mano come uno scudo per difendersi, Annalena disse:

— Andiamo a casa; i ragazzi non sanno che sono fuori. Andiamo.

L’uomo non si moveva. La guardava dall’alto, avvolgendola in uno sguardo quasi cupo, e si stringeva al mento le mani intrecciate. Disse infine, con voce soffocata:

— Annalena, non capisci che ho bisogno di stare solo con te? E se siamo qui assieme è perchè Dio lo vuole. Il vederti mi riposa, mi ridona un po’ di speranza. Mi pare che un giorno potremo anche unirci; e questo solo pensiero mi rende un altro uomo.

— Tu sei un ragazzo, — ella mormorò: ma a sua volta piegò la testa.