Pagina:Annalena Bilsini, di Grazia Deledda, Milano, 1927.djvu/172

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tutto accompagnato da un rumoreggiare sonoro che ricordava appunto qualche favolosa cascata di pietre preziose.

In breve l’aia fu coperta da un folto tappeto di chicchi d’ambra; ed una montagna chiara di pannocchie sorse in fondo, presto franata per l’assalto dei bambini e del cane.

Verso sera Annalena, seduta sulla soglia della porta spalancata, guardava con compiacenza la distesa dorata dal riflesso del cielo acceso, quando la figura di Urbano Giannini, apparsa sul portone, parve oscurare l’aria con la sua ombra.

Si era vestito di nero come un vedovo, col fazzoletto nero al collo, un berretto calato sugli occhi: ostentava forse un po’ troppo la sua tristezza e ne pareva tutto assorbito; eppure attraversò l’aia in modo da non calpestare un solo chicco del frumentone, ed i suoi occhi cercarono con insistenza quelli della donna.

Ella ne provò quasi terrore, e si alzò come per difendersi.

— Abbiamo saputo, — disse con durezza: ed egli piegò la testa avvilito e vinto. Disse sottovoce:

— Sì, ho dovuto condurla in una casa di salute; così le chiamano, ma sono case di