Pagina:Annalena Bilsini, di Grazia Deledda, Milano, 1927.djvu/183

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peccato di uno sguardo, e l’istinto del bene della famiglia vinceva ogni altro scrupolo.

Ma era una tranquillità apparente. Un giorno, credendosi abbastanza forte per affrontare definitivamente l’uomo, profittò di un momento che erano soli, per domandargli notizie della moglie. Egli subito si rabbuiò, anzi parve sdegnarsi come s’ella gli facesse un dispetto, poi sollevò il viso e si mostrò anche lui pronto a difendersi.

— Vuoi proprio saperlo? Sta peggio. Sono stato a trovarla giovedì scorso e ne rimasi stordito. Ha la memoria lucida ma l’anima stravolta. Dice le cose le più tremende sul luogo dove sta, e che le suore che l’assistono sono tutte pazze peggio di lei. Mi ha rinfacciato tutti i grandi e piccoli torti che io le ho fatto nella vita, fino all’ultimo, che è quello....

Si fermò, fissandola in viso con occhi minacciosi. Ella aveva di nuovo quasi paura. Le pareva che l’uomo, quando era solo davanti a lei, si trasformasse; che uno spirito maligno lo vincesse, tentando di soverchiare anche lei. Tuttavia insistè:

— Quello? Di’ pure.

— Quello che tu sai, e che lei, per opera stessa del male che la tiene, ha indovinato.

— Urbano, — ella disse allora con forza;