Pagina:Annalena Bilsini, di Grazia Deledda, Milano, 1927.djvu/229

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sentì come un serpente velenoso guizzarle dentro il cuore.

Prima ancora di salutare, Pinon tese la mano destra; col polpastrello del pollice sfiorò, a cominciar dal mignolo, le unghie delle altre dita, poi aprì e fece volare la mano: e disse sottovoce:

— La figlia di Urbano Giannini è sparita.

— Sparita?

— Sparita?

— Ma come, sparita?

Tutti gli si erano accumulati intorno, e mentre il viso di Annalena si scoloriva, quello di Baldo si accese di più. Il mendicante scuoteva le spalle, come per liberarsi di un peso. Allora Pietro, minaccioso sul serio, quasi convinto che Pinon sapesse minutamente il fatto e non volesse raccontarlo, gli mise un pugno sotto il mento.

— Sparita, come?

— Che ne so io? È sparita. Non è più in casa sua.

— Chi te lo ha detto?

— Lo dicevano le donne che vendemmiavano nella vigna dei Gelmini.

Senza ritirare il pugno, Pietro insistè:

— Che altro dicevano? Parla.

Impaurito, Pinon adesso parlava come se il fatto lo riguardasse personalmente: