Pagina:Annalena Bilsini, di Grazia Deledda, Milano, 1927.djvu/231

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lacce che appestavano l’aria intorno imbevuta di dolore: e chi sa dove si sarebbe andati a finire, se nel vano del portone in fondo all’aia, come richiamato dalle voci dei suoi fittabili, non fosse apparso il Giannini.

Un grave silenzio accompagnò l’avanzarsi che egli fece a testa bassa e movendo in avanti il bastone come fanno i ciechi. Annalena gli andò incontro. Egli sollevò la testa e la guardò come non la riconoscesse: poi si tolse il cappellaccio in segno di saluto, e arrivato nell’ingresso si lasciò cadere d’un colpo sulla scranna bassa usata da Annalena.

Pareva stanco: stanco di un lungo viaggio a piedi: le sue scarpe ed il vestito erano gialli di polvere, qua e là strappati: fiori di spighe e spine ornavano l’orlo dei suoi calzoni; ed anche fra i capelli si vedevano pagliucole di fieno: infine pareva facesse concorrenza a Pinon, tanto che Bardo, nonostante il turbamento degli altri, strinse le labbra per frenare il suo perfido sorriso.

Ma l’uomo dovette accorgersene, perchè fu proprio verso di lui che sollevò il viso severo e quasi sinistro.

— Così è, — esclamò, ficcandosi il cap-