Pagina:Annalena Bilsini, di Grazia Deledda, Milano, 1927.djvu/237

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di un buon bicchiere di lambrusco, e magari di due.

Più che credente egli si sentiva filosofo, e come tale, poichè non aveva paura dell’inferno, cercava di persuadersi che, la vita avendo una fine, bisogna passarla alla meglio, salvo sempre a non far male a nessuno.

Il vino, poi, non c’era bisogno di procurarselo di nascosto: tutti glielo offrivano, compresi i bambini, ed egli lottava contro sè stesso e gli altri per privarsene.

Con questi pensieri se ne andava in giro per i campi, col suo bastone ed il peso morto della sua carne; osservava il lavoro dei nipoti e viveva della loro vita. Il cane ed i bambini invariabilmente lo accompagnavano: egli parlava un linguaggio adatto a loro, e rispondeva a tono alle loro osservazioni: per questo non potevano fare a meno gli uni degli altri.

I bambini, come i più vicini alla terra, trovavano di continuo qualche cosa da raccogliere o da studiare: tutto era buono per la loro curiosità e la loro ammirazione; ed anche per i frequenti contrasti, subito combattuti e dispersi dal bastone del vecchio.

Il cane, coi suoi occhi umani sempre fissi a scrutare in viso i suoi padroni, prendeva