Pagina:Annalena Bilsini, di Grazia Deledda, Milano, 1927.djvu/24

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meva un ginocchio; e piegata, senza timore del fuoco, rivoltava la miscela bollente con un lungo cannello dalla punta inclinata. Dentro il paiuolo la polenta cominciò a sbuffare, accennando a staccarsi dalle pareti di rame lucente: la donna allora raddoppiò di forza, senza cessare un attimo di stare attenta all’evoluzione della pasta che pareva prendesse forma con dolore: e quando la vide tutta staccata e densa, con un uncino spiccò rapidamente il paiuolo dal gancio e d’un botto, con un’abilità che le permise di non sentire neppure il calore del recipiente, la vuotò sull’asse della madia.

Allora anche il piccolo Secondo si riconfortò: col viso teso sull’asse vedeva la madre aggiustare e lisciare la polenta col mestolo, in modo da formare una specie di torta rotonda e prominente: sopra, col taglio della mano, ella vi segnò una croce, ed al bambino che ne domandava con insistenza il perchè disse un po’ infastidita che la nonna voleva così.

— Perchè è la prima polenta che si fa in questa casa.

Poco soddisfatto il bambino cercò un’altra spiegazione: e non ottenendola dalla madre se la trovò per conto suo: