Pagina:Annalena Bilsini, di Grazia Deledda, Milano, 1927.djvu/279

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di tanto in tanto grugniva di beatitudine senza sapere che le ore della sua orgia erano contate.

Eppure, nel guardarlo, la donna si rattrista: ricorda il povero zio Dionisio che non assisterà più alla festa della morte del porco; non vedrà più i visceri della vittima fumanti e rossi come il fuoco, sgorgare dal ventre spaccato; nè dalla grande ferita bianca misurerà l’altezza del lardo; e non sentirà più la forza di vita che la bestia sacrificata diffonderà intorno.

Ma già nella strada si sentiva rumore di voci e di veicoli, e Annalena trasalì di orgoglio quando il richiamo possente di una automobile risonò dietro la siepe, come il corno da caccia degli antichi signori del luogo.

Era l’automobile del veterinario.


Il gigantesco veterinario conduceva nella sua macchina, pallido satellite, il piccolo e quasi mistico dottore: arrivati al portone, che Annalena aveva spalancato completa-