Pagina:Annalena Bilsini, di Grazia Deledda, Milano, 1927.djvu/40

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dire, sebbene tante volte ripetuto, gli destava sempre un senso misto di piacere, di rancore, di vergogna, ed anche lo scrupolo di far cosa dannosa ai giovani. Infatti li vedeva rivolti a lui con attenzione maliziosa: ma anche questa volta li deluse, sorvolando su certi particolari.

— A me, però, non le venne in mente di proibirmelo. E male fece. Io ci andai. Avevo diciotto anni e ancora non m’ero fatta l’amorosa. Ci andai, e lei mi accolse bene.

Come un fratello, diceva. E nei primi tempi tutto andò bene. Lei scherzava con me, come del resto scherzava con tutti: quando non vendeva le sue cianfrusaglie stava nella strada, appoggiata al muro, fra altre donne sfaccendate, e rideva e scherzava. Era allegra, ed a me questo, abituato com’ero alla serietà della mamma e di Lena, faceva piacere.

Un giorno nella botteguccia trovo un mio amico, più anziano di me: un negoziante di scope che guadagnava assai. La sua fidanzata lo aveva tradito, ed egli quel giorno se ne lamentava con Betta; diceva!

— Io l’amore in vita mia non lo faccio più, incontrassi la più bella donna del mondo. No, una volta scottato....

— La seconda ci si soffia su, — disse Betta, burlandosi di lui.