Pagina:Annalena Bilsini, di Grazia Deledda, Milano, 1927.djvu/41

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Trovai altre volte il giovanotto presso di lei, e ne divenni geloso: poichè, voi lo sapete già, io ero innamorato di lei: cotto ma proprio cotto, come una mela al forno.

Quando glielo dissi, ella mi guardò male, rinfacciandomi le mie persecuzioni di ragazzo.

— Se tu non facevi così, io non scappavo, e ti avrei voluto bene: e forse ci si sposava.

Un’altra pausa fece qui lo zio Dionisio; e il suo sguardo vagò lontano, verso l’ultimo barlume della finestra, e più lontano ancora, come s’egli volesse percorrere il tempo all’indietro per indovinare quale sarebbe stato l’avvenire suo e di Betta s’ella non avesse rubato le uova e comprato il vino al nonno.

— Però non mi scacciò. Solo mi proibì di parlarle d’amore; e questo, si capisce, rinfocolò la mia passione. Così passò un anno. Io dimagrivo, e non mi curavo di nascondere la mia pena: anche in casa lo sapevano, e un po’ si burlavano di me, un po’ se ne preoccupavano. La mamma mi diceva: va là, ti ha dato da bere qualche intruglio, la zingara; ma come te ne ha dato uno per ammaliarti, te ne darà un altro per farti guarire.