Pagina:Annalena Bilsini, di Grazia Deledda, Milano, 1927.djvu/42

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E così fu infatti, — notò il vecchio, con un grande sospiro, in parte vero, in parte finto. — Bisogna però osservare che nessuno in casa mi proibiva di andare dalla Betta: ed io ci andavo, non solo, ma le portavo regali, di nascosto: roba, s’intende, che rubavo in casa. Noi si stava di nuovo discretamente bene; il nonno morto, due zii emigrati in America; gli altri si lavorava tutti, e poichè io non avevo altro compenso mi credevo in diritto di portar via di casa qualche bottiglia e qualche gallina. Così pensavo, allora, accecato dall’amore; e Betta non faceva complimenti, per ricevere i regali. Era nata zingara, e zingara rimaneva. Un giorno le portai un’anatra. Era il giorno di San Martino, ed in quell’occasione tutti devono mangiare l’anatra. Il marito, sebbene fosse la sua festa, era in giro, col suo metro in mano: povero pantalone!

Io, per completare la festa, porto anche due bottiglie di vino vecchio. Si fece baldoria, nella cucina attigua alla botteguccia. Si fece baldoria, — egli ripetè, d’un tratto rosso in viso come ancora invaso dall’antico calore; — e poi avvenne il patatrac!