Pagina:Annalena Bilsini, di Grazia Deledda, Milano, 1927.djvu/43

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Qui i ragazzi si misero a ridere: rossi in viso anche loro, con gli occhi, i denti, le labbra lucenti, ricordavano le belle melagrane mature quando si spaccano sulla pianta dorata e lasciano vedere le perle granate dei loro chicchi. Ridevano anche i bambini, per il riflesso dell’allegria dei grandi, ed una luce di letizia schiariva gli occhi severi della madre e quelli melanconici della sposa.

Egli solo, il vecchio, non rideva; anzi l’ilarità degli altri pareva gli desse ombra: riprese, un po’ infastidito e come stanco di parlare:

— Dopo quel giorno divenni l’amico di Betta. A dire la verità, me ne vergognavo, e avevo compassione del povero Martino; ma pareva che davvero la donna mi avesse dato un filtro; senza di lei non potevo vivere. Ella d’altronde mi dava ad intendere di essere stata innamorata di me fin da bambina, e che il suo vero sposo ero io, fedeli l’uno all’altro a vicenda fino alla morte. Amen.

Or ecco una sera capito d’improvviso da lei. Il povero Martino è via, con le sue