Pagina:Annalena Bilsini, di Grazia Deledda, Milano, 1927.djvu/52

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L’altro dormiva ancora in una grande culla di noce, scolpita ruvidamente: culla di famiglia, dove uno dopo l’altro erano passati gli avi, i nonni, i padri ed i figli Bilsini. Era più larga che lunga, quasi rotonda, come un nido: e l’uncino per attaccarvi il velo pareva davvero il becco di un pellicano ripiegato sul lungo collo del bastone, pronto a strapparsi il petto se altro nutrimento non poteva procurare ai suoi piccoli.

Quando tutti e due i bambini furono sistemati bene, Annalena fece far loro il segno della croce e recitare le orazioni. Fra le altre ce n’era una per lo zio Pietro.

— Signore, Angelo custode, fate che lo zio Pietro soldato si conservi sano, obbediente ai superiori, e torni a casa buono e virtuoso. Amen.

La preghiera che più loro piaceva, che recitavano con gioia, sorbendola come un dolce, la nonna la serbava per ultimo.

Gesù bellin bellino,
Col tuo capo ricciolino,
Con quegli occhi pien d’amore,
Gesù mio, donami il cuore.

Ma quella sera erano tanto stanchi e storditi che rispondevano a stento, anche perchè la nonna, invece di star ferma accanto