Pagina:Annalena Bilsini, di Grazia Deledda, Milano, 1927.djvu/56

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La nuora aveva già messo in ordine la cucina; tuttavia Annalena ispezionò gli armadi ad angolo, lavò la tavola e vi rimise bene intorno le sedie: infine andò ad attingere l’acqua dal pozzo e si lavò nella conca di pietra che vi stava accanto.

L’alba sorgeva rapida sul cielo e nella prima luce liquida e fresca la grande aia pareva una piccola piazza, coi reparti lastricati per stendervi a seccare le granaglie, e lo spazio terroso per le galline: e la donna si compiacque a guardare intorno sognando i giorni della raccolta. Poi rientrò in casa e si pettinò. Aveva ancora dei bellissimi capelli, d’un color castaneo acceso, e quando ella se li avvolse stretti e lisci intorno al capo luccicarono come una cuffia di raso dorato: sopra, ella vi stese e legò dietro sulla nuca il fazzoletto nero. Anche le sue carni erano bianche e giovanili; ella lo sapeva, ma non se ne curava, anzi cercava di coprirsi, di camuffarsi da vecchia, per imporre più rispetto ai suoi figli e forse di sè a sè stessa.

Così indossò la sua blusa nera di fatica, e dopo aver preparato il caffè e messo ad