Pagina:Annalena Bilsini, di Grazia Deledda, Milano, 1927.djvu/58

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materni e del suo stesso figlio Pietro che qualche cosa aveva ereditato da essi.

Entrò dunque nella loro camera e saltò sullo scalino della finestra per aprire gli scurini che i due birboni avevano accuratamente chiuso. La luce cristallina d’oriente illuminò il grande letto in disordine, dove da un lato appariva il corpo nudo e bianco di Bardo, steso bocconi con la testa sotto il guanciale, e dall’altro Baldo dormiva tutto coperto e avvoltolato nelle lenzuola, come per nascondersi al richiamo della madre.

E quello che più spronò lei a questo richiamo fu il vedere un giornale per terra, e la candela stearica consumata. Ah, dunque, il piccolo sornione, che non parlava mai, sempre a bocca aperta come un uccellino di nido, ma che faceva sempre il piacer suo, aveva letto fino a tarda sera, nonostante il divieto di lei, e s’era forse addormentato col lume acceso. Apposta ella aveva trovato l’uscio di comunicazione chiuso, sebbene lo avesse lasciato aperto.

Diede dunque un’autentica sculacciata a Bardo, e tirò giù la voluminosa guaina nella quale l’altro si sprofondava. I due fratelli però non si mossero: anche nel sonno conoscevano le maniere di lei e non se ne stupivano.