Pagina:Annalena Bilsini, di Grazia Deledda, Milano, 1927.djvu/64

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figliuoli affezionati si attaccavano alle due grandi travi principali, tutti assieme sostenendo il peso del soffitto.

— Ventiquattro sono pure i tuoi anni, Gina Bilsini, — ella diceva a sè stessa, — e già ti senti più vecchia e stanca di tua suocera. A che serve la mia vita? Lei, almeno, mia suocera, ha uno scopo: quello di far diventare ricchi i figli ed i nipoti. Io me ne rido, delle ricchezze: non servono a niente. Anche la mia mamma è ricca, ma tiene nascosti i denari, e per aumentarli vive di cipolle e di croste di pane. Quando lei morrà, io e Bellina mia sorella saremo già vecchie e non potremo goderci la nostra fortuna. Ed allora è come essere poveri in canna. Quello che c’è di veramente bello, nel mondo, è l’amore: ma anch’esso spesse volte è come la ricchezza; non serve a niente. Quando Osca venne a cercarmi e mi propose di fuggire con lui se mia madre si opponeva al nostro matrimonio, ho creduto di trovare l’amore; ed avrei voluto che la mamma si opponesse, per dare al mio Osca una prova di passione. Invece a lei non parve vero, di mandarmi via di casa, per non mantenermi più a sue spese: ed il solo patto che mise fu di non sborsare un centesimo di dote. E così ci siamo spo-