Pagina:Annalena Bilsini, di Grazia Deledda, Milano, 1927.djvu/66

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come di una nota musicale intraducibile con un suono esterno, ella chiudeva gli occhi e si sentiva svenire.

Il passo della suocera la richiamò alla dura realtà. Balzò e cominciò a raschiare dall’asse della madia i rimasugli della polenta.

Fino ai primi di novembre il tempo aiutò i volonterosi contadini. Non pioveva, ma l’umidità della notte e quella dei fossi ancora colmi di acqua rendeva alquanto malleabile la terra: Osca seminò il frumento, mentre gli altri fratelli potavano i salici, traendone i pali nuovi per la vite, e pigiavano l’uva. Ne venne un vinetto chiaro ed aspro che pareva di bacche selvatiche, ma che appunto per questo destò nei giovani, quando per San Martino fu assaggiato, le più divertenti osservazioni. Per conto suo Bardo lo sputò, aprendo poi le braccia e reclinando la testa, con un viso di Cristo abbeverato d’aceto.

Coi residui della vendita dell’antica casa, Annalena comprò alcune anatre, due oche