Pagina:Annalena Bilsini, di Grazia Deledda, Milano, 1927.djvu/67

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alte come struzzi, un maialino vivo e metà di un maiale morto. Fu confezionato il salame e preparato il lardo per l’inverno; e tutto, con l’aiuto di Dio, prometteva bene.

Ma fu un inverno eccezionale. Dal caldo ottobre si passò ad un rigidissimo novembre; tanto che le foglie non ingiallirono completamente, ma si staccarono, seccate dal freddo, e caddero nere ed accartocciate come dopo un incendio.

La terra si spaccava, gelata; e di gelare minacciavano anche le viti ed il grano. Il cielo, certe mattine, era verde, di una serenità crudele, e pareva si allontanasse dalla terra. Annalena lo guardava ogni tanto, spiando, come dopo una lunga siccità estiva, se qualche nuvola sbocciava all’orizzonte. Nulla. Veniva il vento, dal nord, e come un fiume di ghiaccio attraversava di continuo l’aria: invano il sole gli opponeva il suo splendore esasperato; anche il sole pareva si raffreddasse e si allontanasse sempre più dalla terra e dagli uomini.

Ed anche questi avevano un aspetto strano, di esuli, o meglio di profughi venuti contro loro volontà da un paese felice, e sofferenti per la nuova atmosfera e l’incertezza terribile del domani.