Pagina:Ariosto, Ludovico – Orlando furioso, Vol. III, 1928 – BEIC 1739118.djvu/275

Da Wikisource.

quarantesimoterzo 269


72
     Il nocchier cominciò: — Giá fu di questa
terra un Anselmo di famiglia degna,
che la sua gioventú con lunga vesta
spese in saper ciò ch’Ulpïano insegna;
e di nobil progenie, bella e onesta
moglie cercò, ch’al grado suo convegna;
e d’una terra quindi non lontana
n’ebbe una di bellezza sopraumana;

73
     e di bei modi e tanto grazïosi,
che parea tutto amore e leggiadria;
e di molto piú forse, ch’ai riposi,
ch’allo stato di lui non convenia.
Tosto che l’ebbe, quanti mai gelosi
al mondo fur, passò di gelosia:
non giá ch’altra cagion gli ne desse ella,
che d’esser troppo accorta e troppo bella.

74
     Ne la cittá medesma un cavalliero
era d’antiqua e d’onorata gente,
che discendea da quel lignaggio altiero
ch’uscí d’una mascella di serpente,
onde giá Manto, e chi con essa fêro
la patria mia, disceser similmente.
Il cavallier, ch’Adonio nominosse,
di questa bella donna inamorosse.

75
     E per venire a fin di questo amore,
a spender cominciò senza ritegno
in vestire, in conviti, in farsi onore,
quanto può farsi un cavallier piú degno.
Il tesor di Tiberio imperatore
non saria stato a tante spese al segno.
Io credo ben che non passâr duo verni,
ch’egli uscí fuor di tutti i ben paterni.