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270 canto


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     La casa ch’era dianzi frequentata
matina e sera tanto dagli amici,
sola restò, tosto che fu privata
di starne, di fagian, di coturnici.
Egli che capo fu de la brigata,
rimase dietro, e quasi fra mendici.
Pensò, poi ch’in miseria era venuto,
d’andare ove non fosse conosciuto.

77
     Con questa intenzïone una mattina,
senza far motto altrui, la patria lascia;
e con sospiri e lacrime camina
lungo lo stagno che le mura fascia.
La donna che del cor gli era regina,
giá non oblia per la seconda ambascia.
Ecco un’alta aventura che lo viene
di sommo male a porre in sommo bene.

78
     Vede un villan che con un gran bastone
intorno alcuni sterpi s’affatica.
Quivi Adonio si ferma, e la cagione
di tanto travagliar vuol che gli dica.
Disse il villan, che dentro a quel macchione
veduto avea una serpe molto antica,
di che piú lunga e grossa a’ giorni suoi
non vide, né credea mai veder poi;

79
     e che non si voleva indi partire,
che non l’avesse ritrovata e morta.
Come Adonio lo sente cosí dire,
con poca pazïenzia lo sopporta.
Sempre solea le serpi favorire;
che per insegna il sangue suo le porta
in memoria ch’uscí sua prima gente
de’ denti seminati di serpente.