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troppo spesso misconosciute delle donne. Detto di quelle che furon valorose in arme, soggiunge il Poeta:
E di fedeli e caste e saggie e forti
stato ne son, non pur in Grecia e in Roma,
ma in ogni parte ove fra gl’Indi e gli Orti
de le Esperide il sol spiega la chioma:
de le quai sono i pregi agli onor morti,
sí ch’a pena di mille una si noma;
e questo, perché avuto hanno ai lor tempi
gli scrittori bugiardi, invidi et empi (XXXVII 6).
Ruscelli e Morali correggono e gli onor, per non aver capito che il verso significa «i pregi delle quali sono morti agli onori», cioè, non hanno il lor debito riconoscimento; il Panizzi lascia come sta, e fa benissimo.
Un costrutto molto naturale per chi ha qualche famigliaritá coi nostri vecchi scrittori:
Orlando un suo mandò sul legno, e trarne
fece pane e buon vin, cacio e persutti;
e l’uom di Dio, ch’ogni sapor di starne
pose in oblio, poi ch’avvezzossi a’ frutti,
per caritá mangiar fecero carne,
e ber del vino, e far quel che fêr tutti (XLIII 196),
è riuscito ostico ai moderni (Morali, Panizzi), che han corretto: «all’uom di Dio». Nota che la lez. è identica in tutte e tre le edd.
Se in questi e in altri luoghi è evidente la ragione del conciero, ve n’ha pure di quelli che non si spiegano. Ne cito uno solo. Dopo la disfida di Lampedusa, i guerrieri vincitori vanno ad un vicino scoglio, allo scoglio dell’eremita, ove sentono da lui alti conforti ed esortazioni a passar mondi per questa morta gora
c’ha nome vita, che si piace a’ sciocchi,
et alla via del ciel sempre aver gli occhi (XLIII, 195).
Cosí in ABC, e cosí nell’ediz. Ruscelli. Invece Morali e Panizzi: «alle vie del ciel». Perché?
Sciolte le abbreviature, staccate le parole, liberato il testo dagli errori, che sono numerosissimi, se anche solo s’è accennato ai pochi sui quali è lecito qualche dubbio, conviene che si discorra dell’ortografia seguita nella presente edizione.