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atto terzo. — sc. vi. 469

Tempo, secondo il grado maritandola.
A questa promission nè testimonii
Volse chiamar, nè privata nè pubblica
Scrittura alcuna farsi, ma rimettersi
A me del tutto.
Frate.                         La promessa semplice
d’un amico fedel, pur troppo è valida
Senza giurar, o testimonî o rogiti.
Bartolo.Tornò il duca in Milan1 (come debb’esservi
Noto), e poco vi stette, chè i medesimi
Che ve ’l2 menâr, poi lo tradiro3 e presono.
Tornai con lui io ancora, e trovai ch’erano
Salvi tutti li miei; ma che la femmina
Di Gentil se n’era ita, chè sentendolo
Morto, s’avéa trovato altro recapito.
Era piaciuta a un signor, che dicevano
Esser napolitano.
Frate.                             È verisimile
Che signor fusse, poich’era da Napoli.
Ho ben inteso che ve n’è più copia
Ch’a Ferrara de’ conti; e credo ch’abbiano
Come questi contado,4 quei dominio.
Bartolo.Questo Napoletan, signore o suddito
Che fusse, se l’avéa tolta e condottala
Seco con la figliuola, e masserizie
Parte portando e parte fatte vendere,
La casa vôta lasciata m’aveano.
Trovand’io questo, differî a più comodo
Tempo l’ire a cercarne; e tornai subito
A Ferrara, ove ’l testamento autentico
Produssi, e’ beni mobili ed immobili
Che furon di Gentil, senz’altro ostacolo
Ottenni; e mi fei ricco, ch’ero povero
Prima. Ma tuttavía mi par che un stimolo
Mi punga il côre, e non possa levarlomi;
Di non aver trovato da principio
Queste donne, o almen fattone la debita


  1. G. A.: «a Milan.»
  2. Così nel manoscritto di Gabriele, seguito dal Barotti; e certo men bene l’autografo: «Che ne ’l menâr.»
  3. Gli Svizzeri, come è noto per le istorie.
  4. L’autografo: «Contato.»
ariosto.Op. min. — 2. 40