Pagina:Arrighi - La scapigliatura e il 6 febbrajo, Milano, Redaelli, 1862.djvu/241

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— È impossibile! E che t’importa del resto di saperlo? Dio voglia tener lontano il momento in cui... Sì... Che t’importa di saperlo? — ripigliò tosto per sviare l’attenzione di Emilio da quella frase che aveva interrotta — Ei non merita il tuo amore. Tu porti un nome diverso dal suo, un nome che non devi nè puoi cangiare in qualunque caso. Ti sei fatta una posizione indipendente, non hai più bisogno nè di lui, nè di me...

Poi con un sospiro:

— Solo che tu volessi accettare quelle proposte...!

— Caro tutore; — disse Emilio mestamente — voi siete persuaso che non è un’idea di interesse che mi spinge a conoscere mio padre. Ma voi avete ragione! Che mi deve importare di lui? È una curiosità la mia e nulla più? Voi non siete forse il mio solo, il mio vero padre? Oh vi ringrazio, mio buon tutore, vi ringrazio di tutto quello che avete fatto e che fate per me.

E presagli la mano gliela baciò con riverenza.

— Dunque, per conchiudere, — disse il professor Bartelloni, alzandosi e accennando di partire — sappi che io mi fermo a Milano un mese, e sono d’alloggio al Marino.

— Non nel vostro solito albergo?

— No; non c’erano più camere. Ti aspetto a pranzar con me verso le cinque. Riparleremo. A rivederci.

— A rivederci, caro tutore. Alle cinque sarò da voi.