Pagina:Arrighi - La scapigliatura e il 6 febbrajo, Milano, Redaelli, 1862.djvu/242

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E dopo averlo accompagnato fino all’uscio, ritornò a finire di vestirsi.


Un’ora dopo Noemi Dal Poggio entrava, tacita, commossa, quasi furtiva, scivolando fra le due imposte socchiuse dell’uscio; attraversava l’anticamera in fretta, come se cercasse di nascondersi o di salvarsi, e andava a cadere affranta nella sua solita poltrona.

Al primo sguardo Emilio s’era accorto che le era accaduto qualche cosa. Ella ansava affannosamente come se avesse fatto una corsa precipitosa, e, colle due mani raccolte e strette sul cuore, cercava di comprimerne i battiti violenti.

Chiuso l’uscio a doppio giro, Emilio le tenne dietro, e le si mise in ginocchio dinanzi; le staccò dal seno le mani, e stette a mirarla un momento in atto di tacita e profonda adorazione.

Come era bella Noemi in quella posa, colla trepida emozione che le stava dipinta nella pallidezza delle guancie, e nella espressione degli occhi semichiusi. Con che trasporto il suo amante riscaldava nelle proprie quelle care manine intirizzite un po’ dal freddo e un po’ pel sangue che le era rifluito tutto al cuore!

— Noemi, cara Noemi, — disse il giovine poco dopo — che cos’hai? che cosa t’è accaduto?

— Ah Emilio! — rispose ella con un filo di voce — se tu sapessi quanto coraggio m’è abbisognato oggi per venir qui!