Pagina:Büchler - La colonia italiana in Abissinia, Trieste, Balestra, 1876.pdf/119

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Dopo il pasto, ebbero luogo le feste. Ci venne offerto un concerto musicale, accompagnato da danze. Il lettore può facilmente immaginarsi qual genere di divertimento fosse quello per noi Europei, abituati certamente ad udire ed a vedere qualche cosa di meglio.

Cominciarono coloro a saltare come caprioli, ora inchinandosi stranamente sino a terra, ora stendendovisi, ora correndo in giro a guisa di forsennati, e sempre colle loro indivisibili picche tra mano colle quali trinciavano l’aria in mille strane guise.

Le cadenze del ballo venivano misurate dal raglio — che altro non poteva chiamarsi — di certe trombe di legno che ci straziavano orribilmente gli orecchi.

Quando alla fine lo credettero opportuno, ci liberarono dall’insoffribile tortura, e fatti i convenevoli colle più esplicite dimostrazioni di amicizia e di fratellanza, si ridussero nell’accampamento loro assegnato, sull’area del quale, come dissi, in pochi giorni avevano innalzato la cinta e parecchie capanne.

Essi vissero fra noi alquanto tempo di buonissimo accordo. Precipua loro occupazione era quella di pascolare le loro mandre sugli argini del torrente di Sciotel a tre quarti d’ora di distanza dal nostro paesello. Nella pianura coltivarono parecchi tratti di terreno a dura, in posizioni da noi concesse, favorendoci essi in concambio, a prestito, le loro vacche pei nostri terreni in cui principalmente coltivavasi il cotone.

I confini delle nostre tenute erano contrassegnati da due colossali adansonie dalla parte delle possessioni degli alleati e consorti, e al lato opposto, dall’arida sponda dello Sciotel.

Non è a dirsi quante fatiche e quanto avvicendarsi di giorni abbiano costato quei terreni, mancando