Pagina:Büchler - La colonia italiana in Abissinia, Trieste, Balestra, 1876.pdf/71

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L’orgoglio infatti la vinse, e il Debiseu, fidando nelle proprie forze, recossi coi suoi e con molti indigeni sino a Kufit, ove, inalberata la bandiera francese, diede mano ai lavori. Dopo un mese circa, speso nella costruzione di capanne e di bastioni, vennero assaliti da seicento soldati neri del Cordofan, spediti dal governatore di Kartun, coll’intimazione che tosto sgombrassero da quel sito.

Intimoritisi i seguaci del conte, si sbandarono chi a levante e chi a ponente, e soltanto un piccolo numero riuscì con gravi stenti a salvarsi. Il resto perì miseramente. Quei pochi che poterono ritornare in Egitto, vi arrivarono laceri, smunti, abbronzati dal sole ed infermi.

Se il Debiseu avesse seguito il consiglio di Stella, e l’avesse seguito sino al punto di recarsi con lui tra i Bogos, come aveagli promesso, la disfatta dei trecento Europei non sarebbe avvenuta e sarebbe stata possibile la colonizzazione in quel paese.

Infatti, come si è detto, il francese aveva stabilito che si sarebbero riuniti a due giornate più in giù di Zaghà; ma se Stella fu ligio al convegno, non lo fu il sig. conte.

Quando il nostro missionario giunse al luogo del convegno, egli attese invano il compagno sleale, e l’attese invano per sei giorni consecutivi; dimodochè, non sapendo più che pensarne, ritornò a Cassala, ove seppe in qual modo avea proceduto, e qual era stata poi la fine della sua malaugurata intrapresa.

Certamente per un francese sarebbe stato disonorante il ricever consigli da un italiano — ciò si è veduto più volte; ma la troppa presunzione conduce assai spesso a risultati di questa specie.