Pagina:Büchler - La colonia italiana in Abissinia, Trieste, Balestra, 1876.pdf/72

Da Wikisource.


Mentre la nostra conversazione animavasi sempre più, comparve nella capanna il minore dei fratelli Deghlel, con un piccolo leopardo sulle braccia, che ci regalò e che conducemmo poscia con noi fino a Sciotel. In questo incontro il sig. Stella gli fece conoscere che la nostra spedizione aveva lo scopo di stabilirci, nelle vicinanze di Keren, restarvi per due anni all’incirca, costruendovi delle capanne provvisorie per riparo e per sicurezza; che dovevamo darci alla cacciagione, alla raccolta di erbe medicinali, alla imbalsamazione di uccelli, e infine dovevamo fornire al re d’Italia una bella raccolta di belve, per la qual cosa avevamo ricevuto incarichi speciali.

Aggiunse in proposito che, in breve, saremmo stati raggiunti da un console italiano, e ciò per tenere in rispetto i Beniahmer, che si esercitavano in scorrerie ed in saccheggi, come ne faceva prova la provincia Amarica, gl’Indigeni delle quale vengono spessissimo assaliti e derubati. Noi dovevamo perciò servire di baluardo agli Amarici, occupando il tratto di terreno abbandonato d’ambo le parti nemiche e proteggendo eziandio le tribù vicine col nostro soggiorno in Sciotel.

Dopo queste ed altre osservazioni fatte al Capo dal sig. Stella, il colloquio ebbe fine, e noi, a motivo dell’eccessivo caldo che si provava nella capanna, uscimmo a respirare un pò d’aria libera e meno infocata.

L’imbrunire era imminente, per cui, recate fuori le nostre brande, ci sdraiammo sopra, eccetto Glaudios che rimase in cucina. Io deposi il piccolo leopardo sulla branda, e dopo essermi collocato vicino ad esso accesi la pipa, mentre il sig. Stella faceva altrettanto, fumando il gogò e conversando col suo allievo Olda-Gabriel.

Gli chiese notizia di ciò che era avvenuto dopo