Pagina:Bandello - Novelle, Laterza 1912, V.djvu/342

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NOTA 339 esprimer l’intrinseco «lei suo cuore, comenciò lei a dirle- che il grato aspetto suo, accompagnato da tutte le altre degne queliti che a cavaliere de onore se conveniva, subito visto, l’avea di maniera nel suo cuore fisso, che mai dopo ad altro non avea pensato cli£ a lui. Il barone, come udi il tenore del ragionamento della donna, e che anco negli occhi suoi vedeva un certo scintillare, tenne |>er fermo che di maggior fatiche per conseguir l’amor suo non fusse molto di bisogno, ma per non perder tempo le disse: Signora mia, se il mio aspetto ve ha piacciuto, a me il vostro sopra ogn'altro, che fino al di de oggi abbia veduto, ha si fattamente fatto fermo albergo nel mio cuore, che non credo che mai più se abbia ad allontanare. — Onde di parola in parola i dolci ragionamenti andò in modo crescendo, che la donna lo pregò che quanto più di nascoso che potesse se ne andasse al loco destinato e l’aspettasse, che verrebbe quanto più presto per contentarlo ili quel che più le piacesse. Il barone, credendo di andare in qualche camera ove il letto fusse comodamente apparecchiato, vi andò e, secondo la commissione della donna, entrato, serrò la porta per non esser da altri, che per quella via eran soliti di passare, veduto. Al quale non poco doppoi andò la solita e instrutta damigella, e le disse: — Signor Federigo, la mia signora ve manda a dire che, se volete cibare, vi bisognerà inaspare quel filo che in quel cantone con un naspo se ritrova; nè di questo ve ne prenderete meraviglia, perciocché, se anco il vostro compagno signor Alberto ha voluto fin al giorno de oggi vivere, ha convenuto filare, e si bene ha imparato che fa vergogna a noi donne, e se non lo credete, batterete (■) al muro da quella parte e chiamatelo, chè vi risponderà e ve dirà se è vero quello che ve dico. Però attendete a inaspare ancora voi, e come inaspato arete, verrò a darvi da disnare; altramente digiunarete, come per doi giorni digiunò ancora lui, stando ostinato di non voler filare. Sicché tutti dua sarete venuti in Boemia ad imparare cosi lodevoli esercizi di cavalleria. —... Il signor Scipione, avuta cosi felice e cara novella, andò subito a far reverenzia al re, al quale narrò tutta l'istoria seguita, si come per lettere della moglie avea inteso. Rimasero pieni di admirazione il re e la regina e tutti gli altri baroni, sommamente il valor e prudenzia della savia donna commendando. Dimandata poi dal signor Scipione l’esecuzione della convenzione pattuita, il re, fatto unire il suo consiglio, volse che ciascun dicesse il parer suo; nel qual fu preso che se dovesse in Boemia mandare il gran cancelliero con doi altri consiglieri del regno al castello del signor Scipione per formar diligente e giuridico processo sopra del fatto delli dua baroni. Andarono questi tre; e gionti alla presenzia della donna, da quella presero particolar informazione, poi dalla messaggiera donzella, e ultimamente constituirono i dua baroni, i quali alcuni giorni innanzi la (i) « Battete » corregge il Cicogna. 340 N