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oh, l’organizzazione! 339


L’equipaggio, vestito di stracci, sudicio, lercio, sinistro, parlava correntemente la lingua del Peloponneso. Il battello aveva esteriormente l’aspetto di quelle piccole e luride navi egee che fanno tutti i loschi mestieri del mare. Un gran nome greco a prora: Syra.

L’interno era sconcertante.

Prima di tutto il carico. Un carico inverosimile di cavalli zoppi, di asini piagati e di muli invalidi, un'adunanza di bestie rassegnate a tutto. Sul ponte, montagne di foraggi, davano al vapore un profilo inusitato, e parevano disposte come a formare dei parapetti di trincea. La illusione era completata dalla presenza di varii fucili e di alcune casse di munizioni, celati dietro ai parapetti.

Il ponte di comando poi aveva delle risorse da scenario. Era trasformabile a vista d’occhio. Bastava tirare una corda perchè le murate si abbattessero. Abbattendosi, esse scoprivano una coppia di mitragliatrici. Verso la prora, altre murate a rovesciamento mascheravano dei piccoli cannoni.

Il miserabile piroscafo mercantile appariva rudemente preparato a vendere assai cara proprio l'unica mercanzia che i suoi simili non vendono: la vita.

Si slanciava così nel più mirifico romanzo di avventure. Aveva ritrovato gli antichi trucchi corsari, le false murate di Jean Bart. Ma non aveva patenti da corsa. Non aveva carte