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340 | lettere dal mare |
di nessun genere che potessero salvarlo. Era abbandonato a sè stesso, come un poliziotto travestito, un gendarme in costume da ladro che si arrischiasse solo verso i covi della criminalità. Era un galantuomo fuori della legge. Il nemico catturandolo poteva, secondo le oneste e arcaiche tradizioni del mare, appendere legalmente l’equipaggio ai pennoni, od ormeggiarlo insieme all'àncora in fondo al mare.
E pure esso andava precisamente in cerca del nemico.
L’ufficiale che conduceva la spedizione aveva pensato che aggirandosi dove avvenivano i rifornimenti ai sommergibili, una nave così equivoca poteva essere scambiata benissimo per una della banda. Qualche sottomarino si sarebbe avvicinato per chiedere nafta o informazioni. Una volta vicino, poi, si tirava la corda delle trasformazioni e si scambiavano quattro chiacchiere cordiali, a tiro rapido. Si avvicinò invece lo Spahis, un cacciatorpediniere francese.
Lo Spahis, messo al corrente, approvò, si congratulò, applaudì e scomparve salutando. Ma i sommergibili che pure apparivano di tanto in tanto, si tenevano al largo. Intanto il piroscafo era costretto a frequentare certi piccoli porti, e non poteva evitare di farsi vedere. Bisognava che la sua assiduità non fosse notata. Come fare? Decise di cambiare fisonomia ogni giorno. Così fu visto sempre, rivisto mai.