Pagina:Bembo, Pietro – Rime.pdf/102

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me di lagrime albergo e di sospiri
fa la mia vita, e tutti i miei desiri
sono di morte, e sol quanto m’incresce
è, ch’io non vo più tosto al fin ch’io bramo.
Non sostien verde ramo190
de’ nostri campi augello, e non han pesce
tutte queste limose e torte rive,
né presso o lunge a sì celato scoglio
filo d’alga percote onda marina,
né si riposta fronda il vento inclina,195
che non sia testimon del mio cordoglio.
Tu, Re del ciel, cui nulla circonscrive,
manda alcun de le schiere elette e dive
di su da quei splendori giù in quest’ombre,
che di sì dura vita omai mi sgombre.200
Canzon, qui vedi un tempio a canto al mare,
e genti in lunga pompa e gemme et ostro,
e cerchi e mete e cento palme d’oro.
A lui, ch’io in terra amava, in cielo adoro,
dirai: così v’onora il secol nostro.205
Mentre udirà querele oscure e chiare
morte, Amor fiamme arà dolci et amare,
mentre spiegherà il sol dorate chiome,
sempre sarà lodato il vostro nome.
A lei, che l’Appennin superbo affrena,210
là ‘ve parte le piaggie il bel Metauro,
di cui non vive dal mar Indo al Mauro,
da l’Orse a l’Austro simil né seconda,
va prima: ella ti mostre o ti nasconda.

CXLIII.

Adunque m’hai tu pur, in sul fiorire
morendo, senza te, frate, lasciato,


Letteratura italiana Einaudi 92