Pagina:Bembo, Pietro – Rime.pdf/39

Da Wikisource.

Pietro Bembo - Rime


Dolce mio stato, chi mi t’ha conteso?
com’esser pò quel ch’esser non potea?
O cielo, o terra, e so ch’io sono inteso.14

XLVII.

Or c’ho le mie fatiche tante e gli anni
spesi in gradir Madonna, e lei perduto
senza mia colpa, e non m’hanno potuto
levar di vita gli amorosi affanni,4

perché vaghezza tua più non m’inganni,
mondo vano e fallace, io ti rifiuto,
pentito assai d’averti unqua creduto,
de’ tuoi guadagni sazio e de’ tuoi danni.8

Ché poi che di quel ben son privo e casso,
che sol volli e pregiai più che me stesso,
ogni altro bene in te dispregio e lasso.11

Col monte e col suo bosco ombroso e spesso
celerà Catria questo corpo lasso,
infin ch’uscir di lui mi sia concesso.14

XLVIII.

Solingo augello, se piangendo vai
la tua perduta dolce compagnia,
meco ne ven, che piango anco la mia:
inseme potrem fare i nostri lai.4

Ma tu la tua forse oggi troverai;
io la mia quando? e tu pur tuttavia
ti stai nel verde; i’ fuggo indi, ove sia
chi mi conforte ad altro, ch’a trar guai.8


Letteratura italiana Einaudi 29