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Pietro Bembo - Rime

quando ‘l ciel non potea d’altro legarme:
poi che di tanta e così lunga fede
ognior più grave oltraggio è la mercede.10

Ahi quanto aven di quello, onde si dice:
chi solca in lito, perde l’opra e ‘l tempo.
Ogni frutto si trae da la radice,
ma non aprono i fior tutti ad un tempo.
Già fu, ch’io m’ebbi caro e gir felice15
sperai solo per voi tutto ‘l mio tempo;
né giamai sì per tempo
a ripensar di voi seppi destarme,
né Febo i suoi destrier sì lento mosse,
che ‘l giorno al desir mio corto non fosse.20

Or veggo e dirol chiaro in ciascun loco:
oro non ogni cosa è, che risplende.
Un parlar finto, un guardo, un riso, un gioco
spesso senz’altro molti cori accende.
Mal fa, chi tra duo parte onesto foco25
e me del vezzo suo nota e riprende,
e chi l’amico offende
coprendo sé con l’altrui scudo et arme,
e chi, per inalzar falso e protervo,
mette al fondo cortese e leal servo.30

Alcun è che de’ suoi più colti campi
non miete altro che pruni, assenzo e tosco
e gente armata, ond’a gran pena scampi;
altri si perde in raro e picciol bosco;
ad altrui ven ch’ad ogni tempo avampi,35
e altri ha sempre il ciel turbato e fosco.
Non sia del tutto losco,
chi d’esser Argo a diveder vol darme.
Mal si conosce non provato amico,
e mal si cura morbo interno antico.40


Letteratura italiana Einaudi 34