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gno sacro, o profano per consultar passi, e testi, per trarne copie, per farne confronti. Venivano sin di Francia, di Germania, e d’Inghilterra monaci, preti, vescovi a questo fine, allorchè nelle badie d’oltre monti, e d’oltre mare, che anch’esse ne furon ricche, per caso mancassero, o non fosser compiuti1. Il più spesso volgevansi a Ro-


    dalla città era stata assegnata? Una copia a penna di Plutarco pagossi 80. ducati d’oro, dice l’Orlandi.
    Sin presso al 1400. non avea Carlo VI. re di Francia più di novecento volumi nella sua reale biblioteca. I più d’essi d’astrologia tradotti dall’arabo. Bibbie, e ascetici molti, pochi santi padri, nulla di Cicerone, e i soli Orazio, Lucano, Boezio di antichi poeti. Luigi XI. anche più tardi impegnò de’ suoi argenti per aver copia di Rasis medico arabo tradotto in latino. Ma noto è assai, che il Poggio comprò una villa col prezzo ricavato da un Livio venduto, e il Panormita offrì un suo podere per comperarlo da altri. Sicchè non fa maraviglia tanta scarsezza di codici intorno al mille.

  1. L’abate Lupo di Francia mandò chiedendo tra gli altri al pontefice Benedetto III. morto nell’857. parecchi codici, per copiarli a benefizio de’ monaci