Pagina:Boccaccio - Il comento sopra la Commedia di Dante Alighieri di Giovanni Boccaccio nuovamente corretto sopra un testo a penna. Tomo II, 1831.djvu/141

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SOPRA DANTE 137

cioè questo balzo. Poi si rivolse a quella enfiata, superba, labbia, cioè aspetto,

E disse: taci maladetto lupo,

perciò il chiama lupo, acciocchè s’intenda per lui il vizio dell’avarizia, al quale è preposto; il qual vizio meritamente si cognomina lupo, siccome di sopra nel primo canto fu assai pienamente dimostrato:

Consuma dentro te con la tua rabbia,

la quale continuamente, con inestinguibile ardore di più avere, ti sollecita e infesta: Non è senza cagion l’andare, di costui, al cupo, cioè al profondo inferno vedendo: Vuolsi, da Dio ch’egli vada, nell’alto, cioè in cielo, là dove Michele, Arcangelo,

Fe la vendetta del superbo strupo,

cioè del Lucifero, il quale come nell’Apocalisse si legge, fu da questo angelo cacciato di paradiso, insieme co’ suoi seguaci. E chiamalo strupo, quasi violatore, col suo superbo pensiero, della divina potenza, alla quale mai più non era stato chi violenza avesse voluto fare; perchè pare lui con la sua superbia quello nella deità aver tentato, che nelle vergini tentano gli strupatori. Quali, qui per una comparazione dimostra l’autore, come la rabbia di Plutone vinta cadesse, dicendo che, Quali dal vento, soperchio, le gonfiate vele, cioè che come le vele gonfiate dal vento soperchio, Caggiono avvolte e avviluppate, poichè l’alber fiacca, cioè l’albero della nave fiacca per la forza del vento impetuoso

Tal cadde a terra la fiera crudele,

cioè Plutone, Così scendemmo. Qui comincia la