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272 | COMENTO DEL BOCCACCI |
non avean commesso quello che i demoni; ma fe’ sembiante
D’uomo, cui altra cura stringa e morda,
Che quella di colui che gli è davante,
e così trapassò oltre: E noi movemmo. Qui comincia la quinta e ultima parte di questo canto, neila quale l’autore pone come nella città entrassero, e quivi vedessono in arche affocate punire gli eresiarci. Dice adunque.
E noi movemmo i piedi inver la terra,
cioè verso Dite,
Sicuri appresso le parole sante,
dette dall’angelo contro a que’ demoni che contrastavano, le quali quanto a noi furono sonore, ma quanto a coloro, contro a’ quali furon dette, furon dolorose e piene d’amaritudine. Dentro v’entrammo: e così del quinto cerchio, qui discende l’autore nel sesto, quantunque alcuna più aperta menzione non ne faccia, senza alcuna guerra, cioè senza alcuno impedimento o contrasto:
Ed io ch’avea di riguardar disio,
siccome universalmente abbiamo tutti di veder cose nuove, La condizion, de’ peccatori, che tal fortezza serra; perciocchè aveva come di sopra è mostrato, le mura di ferro, ed era guardata da tanti demoni, quanti in su la porta trovarono; e ancora dalle tre furie;
Com’io fu’ dentro, l’occhio intorno invio,
siccome investigatore delle cose, che da vedere e da notar vi fossono; E veggio ad ogni man, a destra