Pagina:Boccaccio - Ninfale fiesolano di Giovanni Boccaccio ridotto a vera lezione, 1834.djvu/112

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106 ninfale fiesolano

XXXVI.

Anima mia, quel male avrai di questo
     Ch’aver tu dei di quello che abbiam fatto,
     Affrico disse, benchè manifesto
     Non fia a Diana mai questo misfatto,
     Nè a persona mai, onde molesto
     Per questo non arai, che tanto piatto
     È suto, e sì nascoso, che veduti,

     Se non da Dio, non possiamo esser suti.

XXXVII.

E certissima sii che s’io ne voe,
     Senza di te aver niun’altra cosa,
     Per gran dolor tosto me ne morroe.
     Deh sii un poco inverso me pietosa:
     E una volta e due la ribacioe,
     Dicendo: or bacia me, o fresca rosa:
     Assicurati meco, e prendi gioia,

     E non voler che per amarti io muoia.

XXXVIII.

Molte lusinghe e molte pregherie,
     Più ch’io non dico ben per ognun cento,
     Affrico fece a Mensola quel die,
     Baciandole la bocca il viso e il mento
     Sì forte, che più volte ella stridie,
     Come che ciò le fosse in piacimento:
     Ancor la gola le baciava e il seno,
     Il qual pareva di viole pieno.