Pagina:Boccaccio - Ninfale fiesolano di Giovanni Boccaccio ridotto a vera lezione, 1834.djvu/239

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epistola 69

simi, e che più ci spesono, Erode d’Antipatro, per addietro re de’ Giudei, e Nerone Cesare essere stati, dimostrano gli esempli che ancora stanno in piè; i nomi de’ quali, se altri gran fatti non avessono conservato, di nulla memoria sarebbono appresso di noi; e se la fortuna avesse voluto conservarli per quello, non lungamente sarebbono durati; poichè per ogni cagione gli edificii si disfanno, tanto si diminuisce della fama di colui che mura, quanto dell’edificio è tolto via. Stoltissima cosa è adunque d’una povera casetta pensare a perpetua fama potere aggiungere, alla quale di grandissimi e nobili templi e edificii veggiamo nobilissimi uomini e principi del mondo non aver potuto aggiugnere.

Oltre a questo, come tu insieme meco conosci, tanto ardentemente desidera d’essere tenuto litterato e amico delle Muse, che quasi niuna cosa più sollecitamente faccia apparere. Non di certo ch’e’ sia, ma che e’ paia, conciossiacosachè essere si creda. Perocch’io odo che Coridone gli aveva dato a credere, potere avere alcuni, quello che a litterato s’appartiene, eziandio senza grammatica; conciossiacosachè quell’arte sia suta trovata, non per crescer l’ingegno, o per dare all’intelletto notizia delle cose, ma acciocchè, come noi in diverse lingue parliamo, il Tedesco e ’l Francioso possa, mediante la grammatica, intendere quello che scrisse l’Italiano: e che a lui sia copia de’ libri volgari, da’ quali possa le storie e le cagioni delle cose abbondevolmente pigliare: la qual cosa avere avuta lui per fermo è chiaramente manifesto.