Pagina:Boccaccio - Ninfale fiesolano di Giovanni Boccaccio ridotto a vera lezione, 1834.djvu/240

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70 a messer francesco


A cui non si dà egli agevolmente a credere quello che ardentemente desidera? Di quinci adunque per le già dette cose è manifesto coll’altrui lettere, conciossiacosachè colle sue non così compiutamente abbia fatto, nome perpetuo e fama desideri. E acciocchè e’ paia quello doversi approvare che e’ desidera, lui spesse volte veggiamo intra’ più sommi sedere, e parlare e recitare storiuzze note alle femminelle, e alcuna volta mandare fuori alcune parole che sanno un poco di grammatica; libri palesemente trassinare, e leggere alcuni versicciuoli; tutti ancora libri per ragione o per forza, o per dono o per prezzo o per rapina aggregare, comporre nello scrittoio, o spessissime volte, mentrechè nel parlare si cade nel nome d’alcuno di questi, dire non altrimenti che se tutto l’avesse letto, sè averlo nell’armario; e molte simili cose fare. E certamente egli è laudevole desiderio, e non è dubbio ch’egli non sia da mandare innanzi agli altri che vagliano meno; perocchè quelli che sono valenti nella lettera, ciò che per addietro è fatto hanno nel cospetto. Le leggi della nostra madre natura e l’andamento del cielo conoscono e delle stelle, e sanno il circuito della terra e i liti del mare, e le cose che sono in quelli; e, quello che è molto da commendare, che non solamente fanno chiaro nelle lettere il nome degli altri, ma, scrivendo, nell’eternità levano il loro. Per la qual cosa siccome le stelle il cielo, così i nomi di così fatti uomini fanno chiara la terra.

Vedi con quanta luce risplendono, e con quanta riverenza e ammirazione ancora dagl’ignoranti sieno ricevuti i nomi, benchè nudi sieno, di Museo,